venerdì 5 giugno 2009

Nel carmelo domestico

Il libro comiciava dove sfiniva l'impazienza. Allora quel qualcosa si posava come la molla scarica dell'uccellino telecomandato e rimediava nel ripasso.

Paragrafo 1, Dies Irae. La sconvolgente sensazione che un abuso avesse sotto la sottile scossa di una mossa erotica, di una movenza seducente. L'orrore e poi il dolore e poi la certa disconferma dell'umano nell'umano che dichiara guerra e freme. La vitalistica promessa dell'orrore. Quell'anca mi tormenta come Alfredino che divorava il sonno a Genna.

Paragrafo 2, L'uomo che cade. Non c'e' riparo. Mi sento esattamente come la necessaria devozione che si fa restituzione in forma di valigia. 24 ore dal disastro. Le nostre banche inutili, e invece quelle inesprimibili che hanno contenitori sterili per sangue e sperma. E noi che non apriamo mai la porta. Rumore bianco, sempre la stessa storia. Non c'e' storia.

Paragrafo 3. Quella sconsolatezza inadeguata che percorre assenza al cimitero acattolico, nel Veneto che non odora, e suda. Quel libro e' sudato, rugoso, ed e' perfetto. Gli amici lo hanno odiato, insostenibile. Se c'e' una storia, si deve andare avanti. Il lunedi'. Eppure sento certo quel respiro che dice e' sabato (non nominato, pausa ebraica).

Paragrafo 4. Occorre seppellire il canto a pochi metri dal campo, perche' qualcuno se ne curi.

Ed era Nera che schiudeva al termine gli scuri e si faceva chiara. La paziente Chiara Erenzi.

1 commento:

malos mannaja ha detto...

m'è toccato di registrarmi, sennò niente commento.
vabbè...
bella l'idea che la parola p'osi qualcosa in forma di rosa.
l'anca di dolore è bianca (come il rumore, come il foglio) e il gioco della storia ("sempre la stessa" "non c'è storia" "se c'è una storia") va di pari passo con i chiaroscuri dell'identità (nera nerina, chiara, in progressione, aprendosi gli scuri).
interessante smarrimento.